==
L’ovale delle maiuscole corsive “O” e/o “A” è l’ente simbolico che racconta una nascita, oppure il progetto di una nascita che non è andato ad esito positivo, in quanto è sfiorito.
==
Si osservi: iniziamo un ovale del corsivo maiuscolo a testa in giù (cfr. in fig. 3 la direzione dello sguardo) e lo terminiamo a testa in su. Si sta parlando di iconografie basate su pittogrammi che suggeriscono concezioni ideografiche:
– Un uovo;
– Due atteggiamenti posturali, costituito da una discesa a testa in giù e da una salita a testa in su.
Dunque, di cosa si sta parlando?
Della nascita e di un ente che ci generò e che in seguito necessariamente dovrà scindersi nelle due figure iconografiche ed ideografiche che sono all’origine del tutto: mamma a sinistra e papà a destra, con al centro il loro cucciolo, ossia noi, quando eravamo piccini (è il piccino che fummo che racconta, il più delle volte, come percepì le iconografie che allora lo condizionarono).
Si sta dicendo che le scritture pittografica ed ideografica sono ancora tra noi, nelle nostre lettere alfabetiche.
Come lo si prova? Sperimentando chiedendo, intervistando, ecc… E’ dal 2009 che intervisto e che scopro. In effetti, la vera “scoperta” è la teoria, i segni di grafica simbolizzata che sono stati scoperti (sono più di qualche centinaio, suppongo) non sono altro che il frutto di quest’ultima, infatti.
ESEMPI. SPERIMENTAZIONI
Nelle iniziali, le due scriventi ci stanno raccontando che:
– Fig. 1. Si prova tanto dolore nell’ammettere che mamma è rimasta sola, in quanto papà non può essere più con lei;
– Fig. 2. Non si sa eseguire la maiuscola della lettera A corsiva (è eseguita a mo’ di minuscola), perché non si vuole ammettere che mamma è rimasta sola, in quanto papà non può essere più con lei.
Ambedue ci stanno anche dicendo che sono rimaste sole anche loro, con molta sofferenza, ed altro ancora che non è indispensabile precisare.
==
Centinaia di volte ormai ho chiesto, osservando una specifica iconografia di un ovale maiuscolo corsivo: hai perso un figlio, vero?
La risposta è stata sempre affermativa.
Pubblico un’intervista di ieri, su esplicita richiesta della scrivente: si avverte in colpa …
Eccola:
Io. Hai perso un bambino?
Scrivente. Si. Una bimba secondo me. L’ho chiamata Sophia e la ricordo tutti i giorni. Per favore, dimmi esattamente dove si vede, mi aiuterebbe a non sentirmi in colpa.
Non ho abortito, ma lei ha percepito che non la volevo perché per me sarebbe stato un disastro. visto che già mio marito non stava bene e da lì a poco mi sarei poi separata.. Ha avuto per me profondo amore;
Io. Parlerò della tua intervista (invece di Sofia la chiamerò Giorgia), ma non la scritta…
Scrivente. No, scrivi Sofia. È il mio modo di riconoscere che è esistita.
Io (ho l’obbligo di tutelare l’anonimato, anche a dispetto delle intenzioni della persona interessata). Quante persone sanno di questo nome, oltre te?
Scrivente. Io e mio figlio. Nessuno sa nulla L’avevo avevo rimosso. Durante un colloquio con il mio tutor è venuto fuori …
==
La scrivente ha voluto testimoniare la sua bambina (che ha chiamato Sofia! E che rammenta ogni mattino), rendendole omaggio, anche per elaborare il senso di colpa che prova nei suoi confronti.
Ma non l’aveva rimossa, è la sua scrittura che ha urlato: “Non ti dimentico” (è il titolo del brano cantato da Antonella Ruggero, che è molto, ma veramente molto struggente).
Ho constato che ciò consola! Aiuta ad elaborare e il senso del lutto, e la percezione dello strappo, e l’eventuale senso di colpa.
Gli scriventi ringraziano sempre.
PERCHÉ? LA GENESI REMOTA
Papà, mamma e il cucciolo che ognuno di noi fu sono ovunque, in ogni simbolo grafico. Hanno la genesi remota nella fase che altri chiamano prenatale. Sono frutti dell’uomo, ma sono stati programmati dalla genetica. Per quello che interessa noi, si tratta di programmazioni di tipo simbolico che poggiano su iconografie. Ma dove si rinviene la genesi remota di queste ultime?
Siamo nati in un’ellisse, che, nel mentre ci accrescevamo nel volume, e nel mentre conseguentemente si assottigliava lo spazio vuoto che era tra noi e lei, ci “ha fatto a sua immagine e somiglianza”*. Fu costretta ad espellerci, generandoci in un ente grafico, che per distinguerlo da lei chiamiamo ovale.
Nel frattempo, nel mentre ci dilatavamo, era sorto in noi anche il primo abbozzo della concezione dello spazio tempo.
LA GENESI DELLE CONCEZIONI PITTOGRAFICA ED IDEOGRAFICA. L’ESPANSIONE
Nelle fasi del prenatale se fossimo stati soli, avremmo potuto sapere di noi e della nostra esistenza? Non avremmo potuto saperlo.
C’è stata una figura simbolica femminile, che molto poi chiameremo mamma, che avemmo la possibilità di avvertire sensorialmente, grazie al fatto che aderimmo alle sue pareti.
Non potevamo possedere, in quello stadio, i concetti di io, di persona, di me, di te, di altro, di sé, e di tutti gli altri oggetti similari studiati dalla psicologia e da chissà da quanti altri ancora.
Tali concetti sono conseguenza, infatti, ossia sono gli eredi dei primissimi condizionamenti. Evidentemente, allora potevamo percepire sensorialmente solo le iconografie (i contorni, i perimetri) di chi era lì con noi e conseguentemente anche l’iconografia di noi (infatti, se un mano ci accarezza abbiamo la percezione dell’iconografia della stessa e della parte di noi interessata dalla carezza, ma anche dell’emozione che si prova: l’aspetto pittografico insito in una iconografia si tramuta progressivamente in una ideografia).
Dunque lei era un’ellisse e noi ci immedesimammo nel figlio di lei, chiamato ovale.
Ma percepimmo sensorialmente anche le iconografie di ciò che ci legava a lei (altri ci insegnano che, nella seconda metà del secondo mese si forma il cordone ombelicale – stiamo parlando della Q maiuscola corsiva), ma percepimmo sensorialmente anche le iconografie dei nostri organi interni, quelli che ci consentivano di assumere il cibo. Lo si prova, perché abbiamo scoperto il segno di colui che ha subito l’introduzione di un sondino dal naso allo stomaco.
LA RIPETIZIONE INCESSANTE A PARTI INVERTITE. IL NUMERO 8
Se ne parlerà nella seconda parte di questo lavoro
Grazie
Autore G. Angeloni – copyright – tutti i diritti riservati ©
