
Le scritte racchiuse nei poligoni sono state scelte a caso; sono rappresentative di alunni di otto classi, cinque delle elementari (dalla I alla V Elementare) e tre delle medie (dalla I alla III Media secondaria).
Naturalmente sono stati coinvolti i genitori dei bambini oltre che i docenti. Una prima domanda che ci si potrebbe porre è la seguente: chi saprebbe distinguere il bambino di 7 anni della I elementare, oppure il bambino della III media? Non li si sa distinguere.
E’ la riprova di quello che sulle pagine dell’AIDAS-DGS è stato più volte sostenuto: lo stampatello maiuscolo non ha un età e già questa considerazione potrebbe, a parere mio, suscitare una riflessione nel campo della didattica dell’atto dello scrivere.
Tutti i bambini coinvolti sono stati invitati a scrivere le stesse parole, in stampatello e in corsivo (tranne gli alunni della I elementare): OGGI – CASA – MAMMA – PIPPO – BABBO – PAPA’ – NONNO – ZEBRA – TORO – ATTO – DADO – SORRISO – GIORNO – GATTO – FIORE – QUADERNO.
Da segnalare che le parole sono state scelte dagli insegnanti su nostre generiche indicazioni. Tutte le lettere sono rappresentate (tranne le “L” e le “V”, ma si provvederà ad integrare), certamente si sarebbe potuto fare scrivere di più (ad esempio, si nota l’assenza del numero), ma per questa prima esperienza si è preferito restare sull’essenziale, per rendere la prova non gravosa.
Un primo filone della ricerca, quindi, consisterà nello studiare l’evoluzione del grafismo, comparando le stesse parole e le stesse lettere, soprattutto dal punto di vista del corsivo, che logicamente si presta di più ad evidenziare l’aspetto evolutivo: si tratta, lo si suppone, di una ricerca che dovrebbe costituire una novità.
Si avrà anche modo di riflettere sull’attualità o meno della classificazione che a suo tempo (1971) fecero Ajuriaguerra e i suoi collaboratori che distinsero tre grandi fasi:
– fase precalligrafica (fino a circa 8 anni);
– fase calligrafica (9 anni circa) il ragazzo raggiunge una maggiore precisione perché ha superato le principali difficoltà grafomotorie;
– la fase postcalligrafica, che ha inizio nella preadolescenza, con la graduale acquisizione di una scrittura personale.
Infatti, il campione dei 630 allievi è rappresentativo di tutte le età sopra dette.
Rispetto a quanto sopra, il concetto di “scrittura personale” andrebbe meglio definito, cominciando con il chiedersi: che cosa significa? Ed ancora: qual è il criterio che ci consente di distinguere una grafia personalizzata da una scrittura “calligrafica”, in un contesto nel quale sono molto incidenti i disturbi dell’apprendimento e/o il rifiuto del corsivo? Forse il criterio è l’abilità grafomotoria?
Ma allora l’oggi impone di distinguere – purtroppo – tra l’abilità nel redigere il corsivo e l’abilità, invece, nel redigere lo stampatello. E’ sicuramente arrivato il momento di iniziare a differenziare le predette abilità ed anzi forse andrebbe anche ripensato (abolito addirittura, secondo me) il concetto di abilità nello scrivere, tranne che per le disgrafie conclamate ed accertate su base di esami neuropsicologici.
Infatti, di norma non sono in discussione le abilità grafomotorie, ma il grado di accettazione o meno di una iconografia letterale (ovvero del racconto che tale iconografia esprime); il fatto che il fenomeno per lo più interessa il corsivo (ma talora sono coinvolte anche lettere dello stampatello, solo che non ce ne eravamo accorti) è ben logico, quindi. Infatti, il punto di vista della grafica simbolizzata è diverso da quello dell’insegnante e da quello della stessa grafologia, in quanto, se ci si riferisce alla lettera (è l’oggetto della grafica simbolizzata). la personalizzazione è sempre presente, in qualsiasi età.
Se ne ha una (possibile) prova constatando che le lettere imprecise (che, secondo la classificazione di Ajuriaguerra apparterrebbero alla fase calligrafica) che si notano nello stampatello li si rinvengono in tutte le età, anche negli scriventi adulti. Ad esempio, nella scritta “BABBO” dell’ultima figura (appartiene al bambino di I elementare) le aste delle “B” sono imprecise, in quanto troppo lunghe: tuttavia, il fenomeno non è raro e lo si rinviene anche nelle scritture degli adulti.
Nelle grafie degli adulti racconta di un trauma specifico (conosciuto) subito da mamma (già!) che ha condizionato negativamente anche lo scrivente; ma siamo proprio sicuri che in un bambino di 7 anni quella “B” racconti questo trauma? Ancora non possiamo esserne sicuri: onestamente, lo si deve ammettere.
Le due scritte “mamma”, invece, appartengono ad uno stesso bambino di II elementare: come la spieghiamo quella “A” dello stampatello (vedi ellisse)? All’opposto, come lo spieghiamo, invece, la mal destrezza nella parola corsiva “mamma”?
Se i due fenomeni appartenessero a grafie di adulti allora saremmo sicuri: in questo caso, sono coinvolti precisi rapporti relazionali che hanno coinvolto il “nido” del bimbetto che fu lo scrivente, ossia la casa di mamma e di papà.
Seguiranno altri post.