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Lo stampatello dice ciò che non dice il corsivo

e viceversa, ma il primo è molto più “indiscreto” ed è di possibile interesse (anche) della criminalistica.

Novità-aggiornamenti

È in atto la riflessione teorica e la sperimentazione sullo stampatello maiuscolo, in comparazione con il corsivo maiuscolo e minuscolo, nonché con i numeri.

Sono indagate in primo luogo le lettere, ma anche i collegamenti impropri tra le lettere dello stampatello, il distanziamento tra le stesse ed anche altro. Nel suo complesso si tratta di uno studio che è pioniere nel mondo: un unicum, almeno per quello che risulta.

Rispetto al solo stampatello ancora molto non è stato capito, non si esclude l’errore, soprattutto per difetto, e quindi mi compete e ci compete prudenza, ma tutto sarà indagato, dimostrato e poi provato con la collaborazione dei futuri soci dell’AIDAS-DGS, e tuttavia ormai posso dire che si sono raggiunte alcune certezze nel campo della teoria e di molte lettere.

Il possibile interesse criminalistico, medico, psicologico, educativo, rieducazione e, anche, grafologico.

Lo stampatello è “indiscreto”, si rinviene dappertutto a fare “bella mostra di sé”. E’ esposto al pubblico, spesso imbratta i muri, ed è letto da chiunque ed a nessuno al mondo passa per la mente che ogni lettera racconta segreti, ferite, traumi e precisi dati biografici di chi lo ha scritto.

Nel campo peritale, precisamente nelle anonime, talora gli scriventi interessati utilizzano lo stampatello perché sono convinti che non sarà possibile risalire a loro: non è più così. 

Lo stampatello è di possibile interesse per la criminalistica, in quanto consente di tracciare una sorta di “identikit biografico” dell’autore di una scritta anonima: ripeto che lo si deve dimostrare e poi provare. Ma allo stato, per quello che risulta, e per ciò che posso documentare e che tantissimi possono testimoniare, tanto è.  

C’è di più: sta emergendo che è anche di interesse per la medicina, per la psicologia relazionale, per la rieducazione della scrittura (vedi il post precedente, scritto in collaborazione con Emma Paolillo e il suo metodo, detto del “riallineamento letterale”). E’ anche di interesse della grafologia, ovviamente. 

Ferme tutte le prudenze dette, fermo l’obbligo del dimostrare e il provare, stando così le cose ho l’obbligo morale e scientifico di segnalare la scoperta.

Che cosa sapremmo dire della scritta documentata in figura? Appartiene al proprietario, del quale sono noti il nome e il cognome, oppure ad un lavoratore di un noto bar di Roma*, ragione per cui debbo restare sul vago, ma prima debbo precisare la teoria.

I presupposti teorici

I presupposti che seguiranno ormai si danno per dimostrati, insomma se ne è certi.

Lo stampatello parla al cittadino, è la lingua simbolica della memoria e delle origini conosciute della storia per come la si sa nel qui ed ora e per come la conosciamo in questa parte del mondo (ha la sua origine nella scrittura latina, di ROMA). E’ parte integrante della identità storica di ogni cittadino, pur tenendo conto della crisi dei nostri giorni.

Nella fase dell’apprendimento per imitazione pedissequa delle lettere, il bambino inconsapevolmente “individua” se stesso come il cittadino in divenire, e la sua famiglia e la storia della sua famiglia, come gli enti che dovranno formarlo per diventare tale.  

Le lettere, a seconda della loro natura iconografica, possono essere eseguite con la squadra e/o con il compasso e da questo punto di vista sono “architetture” ed anche le architetture contenenti le scritte latine sono antiche, il che ribadisce la memoria.

Memoria ed antico, dunque, e l’identità di “cittadino di una specifica parte del mondo”, se ci si riferisce allo stampatello, sono la stessa cosa.

Nel momento che apprende a scrivere le lettere per imitazione pedissequa, per un processo scoperto dalla grafica simbolizzata, detto della simbolizzazione, il bambino vi rinviene le architetture che offrono riparo e protezione (ad esempio, la casa di mamma e papà), nonché ciò che per lui rappresenta la memoria che può “toccare con mano”, ossia nonno, nonna, la casa di nonno e nonna, e così via. 

Naturalmente, nello stampatello, il bambino rinviene anche le relazioni tra i nonni e mamma e papà, ossia rinviene il mandato genitoriale e familiare che i genitori dei suoi genitori hanno immaginato per i propri figli e per i propri nipoti, ossia anche per lui. La creatività del bambino, poi, rinviene nelle architetture dello stampatello anche parti del suo corpo, che poi genereranno specifiche tensioni psicosomatiche, ma quest’ultimo aspetto lo si è appena sfiorato, e nel merito si confronti anche il post precedente (ringrazio ancora Emma Paolillo).    

L’intervista della manoscrittura

L’intervista della manoscrittura coincide con l’intervista della lettera manoscritta e, dunque, della biografia dello scrivente. Ne sono interessati anche dati ed informazioni che sono registrati nelle anagrafi dei comuni (cfr. ad esempio, le domande a), e), f) e J) che seguiranno).

Se lo (o la) scrivente mi chiedesse cosa raccontano le sue lettere dello stampatello, gli farei le seguenti domande (conosco già le risposte, ma la domanda aperta favorisce la rievocazione della memoria e il prendere coscienza. Nel caso, in cui, ricevessi una risposta inattesa, ringrazierei, perché si apprende dagli errori):

a) Ha conosciuto entrambi i nonni?

b) Almeno un nonno era rigido?

c) Posto che fosse rigido nello stile educativo familiare, tale nonno si imponeva su papà?

d) Almeno una nonna si imponeva su mamma nella conduzione della casa e su ciò che interessava il suo accudimento, quando era piccino?

e) I suoi nonni, quando era piccolino, abitarono con mamma e papà almeno per un periodo, oppure mamma e papà abitavano a casa dei nonni?

f) Ricorda se quando era piccolino ha cambiato casa?

g) Ricorda almeno un episodio traumatico in cui fu messo sull’attenti e fu ripreso duramente?

h) Ha portato l’apparecchio dei denti?

i) Ha subito operazioni o malesseri nella zona dell’addome? 

j) Ricorda ancora con dolore la venuta meno di un nonno, che dovrebbe essere avvenuta quando lei era almeno grandicello, oppure in età più adulta?

k) Ecc., ecc.

Conclusioni

Lo so che è inverosimile. Non ci avrei creduto nemmeno io, tanto è vero che ribadisco la prudenza. Ma lo posso dimostrare a chiunque intervistando la sua scrittura e, a queste condizioni, chiunque potrebbe smentirmi, fermo restando che ancora rivendico il diritto di errare, su qualche aspetto. 

Insomma, così come nel corsivo, dove ormai siamo sicuri su tantissimi condizionamenti e traumi, così nello stampatello, così nel numero: la grafica simbolizzata è in costante crescita, scoperta e verifica critica di ciò che suppone di aver compreso e scoperto. 

L’AIDAS-DGS è aperta a tutti, e di conseguenza…

Grazie.  

*La figura è tratta da Repubblica online, ed è commentata in questo modo: 

“L’elenco stilato tre giorni fa da Daniele Pallotta, 42enne titolare dello storico bar aperto dal 1820 sulla piazza di Ponte Milvio mira a scoraggiare i tanti avventori indisciplinati, che provano a entrare nel locale senza protezione. “I ragazzi sono i più ligi alle regole – assicura il titolare – i peggiori sono i clienti occasionali, uomini sulla quarantina, che quotidianamente si affacciano accampando le scuse più bizzarre”. Qualche esempio? “La mascherina? Ce l’avevo fino a un attimo fa, non so che fine abbia fatto”.

Bella iniziativa, secondo me, che invita a riflettere…


Di Guido Angeloni, autore della grafica simbolizzata (©), socio fondatore e direttore scientifico* dell’AIDAS-DGS (presidente A.Vigliotti).

*Per la parte della grafica simbolizzata.

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