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Le aste, l’asta della “t” apparente e il punto di vista della grafica simbolizzata (II parte)

Di Guido Angeloni, autore della grafica simbolizzata (©), socio fondatore e direttore scientifico* dell’AIDAS-DGS (presidente A. Vigliotti, medico, psicoterapeuta, grafologo)

*(Per la parte attinente alla grafica simbolizzata)

UN OBBLIGATORIO PUNTO DI PARTENZA


E’ condivisibile che la LETTERA “t” SIMULATA indichi “una vera e propria mancanza della percezione delle conseguenze delle proprie azioni”, così come suggerisce Giacometti (cfr. il post precedente)?
Ritornando a considerare la fig. 1, ci si deve chiedere che cosa suggerisca l’AVVIO DAL BASSO evidenziato dall’arco rosso: il nostro ragionamento deve partire da qui.

Quel gesto, che è una SALITA, lo si rinviene in qualche lettera? Sì, lo si rinviene in tutte le lettere provviste di asole (lettere “b”, “f”, “h”, “l” e “g””; cfr. anche la fig. 9), nei gesti che la grafologia e la didattica chiamano filetti di collegamento e che, invece, la grafica simbolizzata chiama “RICCIO DELL’ELEVAZIONE”.

Tuttavia, nella parola “toro” di fig. 1b, l’asola nell’asta della “t” è disarmonica, in quanto l’asola contraddice la natura di questa lettera, una natura che preciseremo via via. Analogamente sempre in fig. 1b, è disarmonica anche la salita che si collega all’asta con angolo acuto.

IL MODELLO DELLA “t” MINUSCOLA CORSIVA (DIFFERENZA CON LA “t” DELLO STAMPATELLO MINUSCOLO)


Dalla grafica simbolizzata si apprende che per desumere il RACCONTO (è il fatto condizionante subito) e il SIGNIFICATO (è la conseguenza del condizionamento che trasmigra nel destino dello scrivente) di una lettera manoscritta bisogna partire dall’analisi del modello della stessa.
Ma come si esegue la “t” corsiva minuscola? Si esegue come in fig. 7?

No, la “t” della fig.7 appartiene allo stampatello minuscolo*. Il modello del corsivo vuole che la “t” sia preceduta dal PUNTELLO (tratto diagonale rosso di fig. 8). Il puntello, per suo conto, che appartiene a molte lettere del corsivo minuscolo (ad esempio ne sono interessate tutte le lettere basate sull’ovale), è un gesto preparatorio che non appartiene alla struttura della lettera interessata, tanto è vero che di norma è destinato ad elidersi (con il tempo, ma a tale proposito forse è utile sapere che nel campione delle medie inferiori il 48% dei bambini conserva ancora il puntello).

IL DESTINO EVOLUTIVO DEL PUNTELLO DELLA “t”


Va anticipato che nelle prime elementari l’assenza del puntello è sempre negativo, per ragioni che vedremo in seguito, e ciò vale, logicamente, anche per la “t”.


Anzi, si anticipa che le “t” di inizio parola che si avviano dall’alto non sono desiderabili: in fig. 9 i due esempi relativi alla III media non a caso hanno le aste rigide in un contesto insicuro (bisogno di conferirsi sicurezza, decisione e fermezza per cercare di non provare i sentimenti opposti), ma in genere le lettere “t” iniziali di parola prive di puntello sono cadenti a sinistra (sensazione del venir meno), come nell’esempio di V elementare.
Sempre in fig. 9, invece, l’esempio con il puntello relativo all’esemplare della IV elementare va considerato coerente con l’età del bambino interessato.

In fig. 10, invece, tutte le “t”, anche all’interno delle parole, si avviano dall’alto, il che obbligatoriamente comporta che le lettere interessate sono scollegate.


Di conseguenza, se, da una parte, nella grafia adulta il puntello dovrebbe elidersi e se, dall’altra, l’avvio dall’alto non è mai desiderabile, nemmeno nella “t” di inizio parola (non fosse altro perché altrimenti la si trasformerebbe nella lettera dello stampatello minuscolo), allora quale potrebbe essere il destino evolutivo del puntello della “t”?

Il destino evolutivo del puntello della “t” non può essere altro che il RICCIO DELL’ELEVAZIONE, il quale lo si apprezza nella “t” di inizio parola”.


Da questo punto di vista, però, l’esempio di riccio dell’elevazione di II elementare che documento in fig. 11, in quanto è precoce, non può essere considerato pienamente positivo, tanto è vero che è tremulo ed è insicuro.

Infine, il confronto tra le ultime due figure dovrebbe aiutare ad apprezzare le differenze tra il gesto diagonale del puntello (vedi anche la fig. 8), indicate in fig. 12 dalle frecce azzurre (a proposito, si noti che le aste delle “t” sono concave a sinistra), e il riccio dell’elevazione (frecce rosse di fig. 11).

PORTANDO A SINTESI

Nello sviluppo evolutivo del modello della “t”, necessariamente, il puntello dovrebbe elidersi, ma ciò non può essere un pretesto per avviare la lettera dall’alto, come voluto invece (necessariamente, direi) nello stampatello minuscolo, il quale è una specie di una famiglia (lo stampatello) che ordina di eseguire in maniera tecnica, precisa, razionale ed anaffettiva quanto voluto dalle leggi (o dai progetti tecnici, e così via).
In altre parole, lo sviluppo evolutivo del modello della “t” consiste nel tramutare un tratto che di per sé, nel modello infantile (quello appreso sui banchi di scuola), è concepito come estraneo alla lettera implicata (si rammenta che il puntello è un atto di preparazione della lettera che verrà eseguita), in un elemento strutturale della stessa. Perché?
Per comprendere la conclusione di cui sopra si dovrà parlare necessariamente delle lettere della fig. 10, cosa che si farà nel prossimo e conclusivo post.

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