La genesi del riccio che Moretti chiama della mitomania è in detto completamento…
Cosa voglio dimostrare?
Che la scrittura insegna a tutti, a: mamma, papà, maestro, grafologo, psicoterapeuta, psichiatra, criminologo e così via. Ed ha insegnato a me, imponendomi la grafica simbolizzata, e mi ha insegnato perché la studio incessantemente da almeno 10 anni, quasi ogni giorno.

Dunque, in primo luogo, insegna incessantemente alla grafica simbolizzata. E le ha insegnato anche il metodo per studiarla. Tale metodo è la “lettura consapevole”. Già, il metodo della grafica simbolizzata lo si può descrivere come lettura. Ma perché cosa altro bisognerebbe fare al cospetto di una scrittura, se non leggerla? Voglio dimostrare che la scrittura si legge! Si leggono le storie che racconta, in maniera inconsapevole.
E la grafica simbolizzata ha l’onere di insegnare a tutti, perché si necessita di un “cervello collettivo” interdisciplinare (con la grafica simbolizzata: ad esempio, la paleografia, la storia dell’arte sarebbero interdisciplinari). Il mio sogno è che prima che me ne vada insegni a qualcuno ad insegnare a me…
E’ errato, invece, il processo inverso. La grafica simbolizzata, la grafologia, la psicologia, la psichiatria non hanno titolo per insegnare alla scrittura e, dunque, anche alla manoscrittura.
Ne consegue che quando si sostiene: questo segno grafologico significa questo, allora si vorrebbe insegnare alla manoscrittura in maniera indebita. Sono ben consapevole della portata di quanto ho scritto e l’ho scritto da grafologo che vorrebbe scuotere la grafologia.
Come si prova?
Con la previsione di un fatto appartenente alla biografia condizionante di chi legge scrivendo. Tutto, però, è figlio di una teoria che si ricava studiando, ossia leggendo, la lettera del modello interessata. Dal punto di vista della grafica simbolizzata, ad esempio, i ricci non esistono, in quanto sono costitutivi della lettera del modello; cosicché, nella manoscrittura sono costitutivi appropriati o costitutivi non appropriati, quando differiscono dal modello.
Il gesto diagonale diretto verso l’alto a destra della “o” manoscritta appartenente al primo quaderno di scuola (sei anni) di una donna che ora ha 38 anni – il lettore assiduo di questa pagina lo sa – lo si è studiato in coerenza con alcune lettere dello stampatello e del numero, ma anche e soprattutto con il riccio di completamento della “o” di fig. 411.
Se il puntello (blu) è mamma, allora per opposizione il completamento è papà. Inoltre se il puntello è una relazione tra il suolo e l’innalzamento dallo stesso, allora il completamento è anche una relazione tra il sé e l’alto.

(omissis)
Se provate a contarli, vi accorgerete che sono narrati più fatti: la signora interessa li ha confermati tutti. A questo punto, il ricercatore si deve porre un problema che in precedenza non aveva potuto porsi.
«NULLA SI CREA, NULLA SI DISTRUGGE, TUTTO SI TRASFORMA»
Ho voluto studiare i quaderni del ginnasio della donna interessata (poligono blu) più molti scritti attuali (poligono rosso): quel tratto diagonale non esiste più.
Ed allora che fine ha fatto, dove è trasmigrato?
In quei puntini della “i” (ellissi rosse). Perché indicano la “mitomania” della grafologia? No, indicano un nascondimento…. Dunque, anche il gesto che la grafologia chiama del nascondimento (un riccio che si dirige in basso e a sinistra, sotto la parola) ormai è semeiotica semplice della grafica simbolizzata. E lo è perché si è capito che cosa racconta quel puntino della “i”.
Ne sono sicuro? Attualmente debbo supporlo corretto, ma solo le persone interessate possono confermarmi o meno. Ho chiesto alla signora interessata nel presente caso : è esagerato dire che quando tua madre (o tuo padre) ti chiamava a rapporto ti ……? Mi ha risposto che ho visto giusto.
I lettori interessati potrebbero inviarmi le loro grafie, bastano le parole “ciao”, “gioia” e “limone”. Risponderò su chat privata e garantisco l’anonimato.
La funzione simbolica del riccio di completamento
Dalle discussioni precedenti (vedi la “a” https://www.aidas-dgs.it/la-provocazione-stimolo-della-a-corsiva-minuscola/, la “d” https://www.aidas-dgs.it/la-provocazione-stimolo-della-d-corsiva-minuscola/ e la “g” https://www.aidas-dgs.it/la-provocazione-stimolo-della-g-minuscola-corsiva/ ad esempio ) sappiamo che un accostamento coinvolge un rapporto di relazione tra enti diversi: questo è un punto di partenza.
In secondo luogo, il riccio finale di completamento accostato è funzionale a distinguere la “o” dalla “a”; in fondo, se fosse posizionato dall’alto sino al basso, diventerebbe l’astina della “a”.
Se l’ovale con l’astina accostata, la “a”, è mamma, allora l’ovale con un ente accostato che parte dall’alto (dal sentimento), con una traiettoria curvilinea e diagonale a destra, dovrebbe rappresentare, sulla base del principio degli opposti, un rapporto di relazione con la figura papà.

Se poniamo l’ovale come l’Io dello scrivente, allora il puntello è la figura mamma che lo sorregge sul rigo del suolo e il riccio accostato, che si direziona dall’ovale verso l’alto diagonale destra, è la ricerca della mano di papà, il sostegno di papà (fig. 411).
Nella genesi remota, dunque, si può supporre che il riccio accostato è la mano di papà. La rappresentazione mostra un bambino al centro con mamma a sinistra (questa è la sua casa, nel modello) e papà a destra (papà è qui, nel modello), accostato ad entrambi.
Tre enti distinti, (logicamente inglobato nell’ovale, nella genesi e sino all’epoca del prescrivente delle elementari compresa), ma accostati, ossia uniti in un rapporto intimo di sostegno e condivisione; un esempio è la grafia di bimbo delle prime elementari di fig.412 (epoca fascista, fonte INDIRE)

Fig. 412. Il terzo costitutivo correttamente accostato (il completamento), concavo verso l’alto, come in questo esempio, suggerisce che in alto ci sia un ente, inizialmente la figura papà, che accoglie e benedice.
Sul piano funzionale il terzo costitutivo della “o” suggerisce anche una possibile forma di collegamento con lettere che si avviano dall’alto, come la “r” (ellisse), che di per sé potrebbe risultare impegnativa nelle prime elementari.

La grafia del ragazzo di nove anni con “o” senza il riccio di completamento, conferma l’ipotesi in discussione (fig.413 – si ricorda che aveva il padre al fronte e che temeva moltissimo per la sua sorte). (omissis).
Fig. 413. Ragazzo di nove anni noto (suicida a 9 anni, nel 1944, con il papà al fronte). (omissis)

Nel modello, il riccio di completamento indica che dopo che si è eseguito l’ovale, è necessario prendersi una pausa per rivolgere lo sguardo al “cielo”, inizialmente rappresentato da papà.
Si tratta di un significato che è bene che il bambino interiorizzi, in quanto in casi limite il completamento lo si può rinvenire persino nell’età adulta o adolescenziale (fig. 414), con disorganizzazioni ideative ed emotive fanciullesche.

A seguire offro un esempio di uno studio, ossia di come si effettua uno studio (tratto da Iconografia ed iconologia del corsivo italiano”. Si tratta di un lavoro che non sarà reso pubblico, se non in una versione divulgativa, in quanto sarà diffuso solo ai soci dell’AIDAS–DGS: molti contenuti, ormai, appartengono al dominio del segreto, nell’interesse degli scriventi.

Sempre a proposito del riccio di completamento, si potrebbe anche osservare che suggerisca un saluto o un’alzata della mano per rispondere all’appello del maestro”.
Nei ragazzi il riccio del completamento dovrebbe elidersi.

Grazie.