
Che cosa racconta il parallelogramma in figura (fig.B)?
Il racconto adulto del simbolo (lettera) parallelogramma è la casa di mamma, ma solo se si è donne…
Provate a smentirmi, per favore.
Come si prova?
Tralasciamo per ora il racconto adulto del simbolo, e poniamoci la domanda di questo paragrafo.
La domanda che si potrebbe rivolgere alla persona interessata potrebbe essere:
è esagerato dire che quando era cucciola si avvertiva trascurata?
Qualunque risposta, tuttavia, non potrebbe soddisfarci: dobbiamo diffidarne. Allo stato non so come si potrebbe dimostrare, se non con la coerenza con il tutto.
Il concetto che va dimostrato e poi provato è quello della simbolizzazione.
Lo si è dimostrato in ambito disciplinare, si potrebbe dire, ossia a noi e a tantissime persone intervistate, ma ora si tratta di provarlo agli altri. Lo si farà, ma con l’aiuto di tanti: nell’AIDAS-DGS.
Che dire dei contributi interdisciplinari?
Ci si può avvalere dei contributi interdisciplinari? In fondo, si sta parlando di un cucciolo disposto in uno spazio chiamato casa, ed allora non ci si potrebbe avvalere degli studi di tantissimi studiosi che hanno indagato l’argomento, aventi peraltro competenze specifiche?
Allo stato suppongo di no: loro studiano il disegno, lo sviluppo emotivo, maturativo e cognitivo, noi, invece, studiamo una lettera, che in questo caso chiamiamo parallelogramma e ne parliamo solo per ciò che possiamo studiare nell’ambito degli studi che competono noi: il simbolo e la simbolizzazione.

Eppure la suggestione che ingenera la fig.Ma è fortissima: chiunque sa dire, osservando il disegno di quella scuola e dell’altro edificio che dovrebbe rappresentare la casa, nonché la figura umana schizzata e i fiorellini e i palloncini: ecco una bambina, dotata di un livello intellettivo superiore alla media dei suoi coetanei, che avverte la propria casa e la scuola come oppressive e come “prigioni”, dalle quali vorrebbe fuggire ma non sa come fare, se non compensandosi con la fantasia.
Si sta parlando del primo quaderno di scuola di una bimba di sei anni, già “programmata e destinata” a diventare la giovane donna di fig.B.
La fig.Mb, del suo, conferma e fornisce altre preziose informazioni, che qui si omettono.

Non potremmo accontentarci del profilo di cui sopra? In grafologia potremmo accontentarci ed anzi sapremmo dire molto di più analizzando i segni grafologici che si intravedono nelle lettere manoscritte.
Ma non siamo in grafologia, noi siamo nello studio della scrittura e nello studio della storia basata sui condizionamenti di chi legge scrivendo.
Noi siamo in uno studio che vuole dimostrare che ogni fatto grafico, fosse pure un puntino, È UN SIMBOLO ED È UNA SIMBOLIZZAZIONE, quando è manoscritto: È STORIA COLLETTIVA E STORIA INDIVIDUALE.
Non studiamo la psicologia, né la personalità, ma STUDIAMO I RACCONTI, ossia i CONDIZIONAMENTI simbolici e simbolizzati e siamo costretti a supporre che i nostri studi, almeno in potenza, siano di forte interesse anche per coloro che studiano e la psicologia e la grafologia e la medicina e la personalità.
Solo il tempo ci dirà se abbiamo ragione o meno.
Allora come si potrebbe provare? E chi potrebbe dirci se siamo nel giusto?
Attualmente c’è un solo modo per provare: INTERVISTARE LA BIOGRAFIA DELLA PERSONA INTERESSATA, avvalendosi del racconto di tutte le lettere e dei numeri ormai collaudati.
Vorrò scrivere: CHE COSA CI RACCONTANO LE LETTERE DELLA BAMBINA DI 6 ANNI CHE OGGI È QUASI UNA QUARANTENNE? Come hanno influito i condizionamenti infantili nel farla diventare la donna che è stata e che è oggi? QUALE DONNA POTREBBE DIVENTARE, INVECE?
Chiederò l’autorizzazione alla persona interessata e le chiederò anche di commentare criticamente il mio lavoro.
Naturalmente, questo lavoro (suppongo almeno sette cartelle, se non di più) e il commento di cui sopra, ferme la tutela dell’anonimato e l’autorizzazione della persona interessata, saranno discussi nell’ambito della sola AIDAS-DGS.
Un’associazione, aperta a tutti, però.
SE LE CHIEDESSI QUAL È LA CASA DI MAMMA, LEI COSA RISPONDEREBBE?
Chiedo sempre. Abito in una città di 16mila abitanti, almeno di vista ci conosciamo un po’ tutti, poi ci sono io che sono un “tipo strano”, cammino molto, saluto tutti, soprattutto i cani (per osservare i padroni), e che quando so di essere autorizzato chiedo (oppure chiedo l’autorizzazione a chiedere), all’improvviso, spiazzando e con il sorriso.
Conoscevo già la risposta, ovvero sono stato costretto a supporla: me l’ha insegnata il parallelogramma.
Ieri ho chiesto a ragazze, a giovani donne senza figli, a donne con figli, a donne di circa 40 anni, a donne di sessanta anni ed oltre. Nel complesso ho chiesto a dodici persone, altre tre persone (uomini), invece, li ho intervistate sempre ieri, ma nel tardo pomeriggio.
Ora sto interrogando tutti i lettori di questa pagina.
La casa di mamma è un evolutivo
Suppongo che per i maschi sia diverso, la “casa di mamma” (cfr. più avanti) dovrebbe essere un concetto che con il tempo matura nelle sole donne. Lo si deve provare, però.
Una ragazza ed anche un’adolescente non sa comprendere nemmeno il senso della domanda o fatica a comprenderlo. Le giovani donne, anche se vivono da sole e con un compagno, non hanno ancora un’idea distinta tra la propria casa e la casa di mamma. Tale idea distinta si instaura con la maternità o quando si raggiunge una certa età. Insomma, la distinzione avviene quando la donna intervistata ha acquisito in maniera stabile l’idea della propria casa.

Ma allora qual è la casa di mamma? In tutti i casi, la risposta è stata: LA CASA DOVE SONO NATA E/O È LA CASA DELLA MIA INFANZIA.
Era questa la risposta che cercavo, in quanto ribadisce il significato di genesi del parallelogramma che ho illustrato nel post precedente, ma ribadisce anche il significato di genesi della “a” (fig.83b).
Il racconto del parallelogramma adulto

Si legge nel modo che segue (è possibile che qualche lettore, seppur interessato, trovi ostica la spiegazione che segue, ma mi rendo disponibile a rispondere a domande):
a) L’AVVIO. Lo si pone nel punto in cui l’ha posizionato la signora di Fig.B (in Fig.N, l’ellisse blu) e chiamiamo questo punto “C” e poi se ne capirà il motivo. Siamo a sinistra, nel luogo simbolico di mamma e siamo nell’origine, il che ribadisce mamma. Naturalmente, nella simbolizzazione, si possono avere più tipi di avvio ed anche il tracciamento dei lati può essere vario (cfr. fig.Z*);


b) TRAIETTORIA DALL’ALTO DESTRA AL BASSO SINISTRA (in fig.Na, la freccia n.1). Al basso qui considerato vi corrisponde il contatto con il suolo. Questo tipo di traiettoria implica un “tornare” a considerare il primo momento in cui si verificò il contatto con il suolo. La traiettoria è collaudata nella Z (in fig.O è rappresentata una Z della bimba di sei anni che fu la donna che racconta scrivendo in fig.B). E’ stata anche molto studiata nella “L” di “LUNA”, quando assume la traiettoria della fig.P, nel sette, nel quattro e nel due. In tutti i casi se ne conosce il racconto, qui interessa quello che ne deriva per effetto della traiettoria n.2 della fig.Na;
c) TRAIETTORIA ORIZZONTALE, in fig.Na vi corrisponde la freccia numero 2. E’ la linea di terra, ossia del cammino, ciò che fu nella genesi il luogo del gattonamento, studiato nel numero “2” (fig.Q). In fig.R si dà un esempio di numeri “2” della bimba di sei anni che fu la donna che racconta scrivendo in fig.B.


Si è nelle condizioni di trarne un PRIMO BILANCIO, tenendo conto del racconto del numero “2”.
Il momento in cui colui che narra scrivendo inizia effettivamente a camminare con i propri piedi è situato nel punto che sulla linea di terra è indicato con C2. Quindi in C1 è situato il luogo dal quale mamma iniziò le operazioni del deposito al suolo del cucciolo per consentirgli di apprendere progressivamente a camminare con le sue gambe. Di conseguenza, chi racconta scrivendo un parallelogramma è indotto ad operare un confronto tra un qui ed ora in cui cammina sul suolo ed un prima nel quale non poteva camminare, pur vivendo. Ne deriva che all’estremità sinistra della linea di terra dobbiamo porre una “A”, che sta per avvio della vita, che fu donata da mamma (osserva in fig.Nc).

d) TRAIETTORIA VERTICALE BASSO-ALTO DESTRA (in figura è indicata con la freccia n.3). Questa traiettoria è stato molto studiata su questa pagina, quando si è parlato della grafia della signora Cianciulli, (omissis). Nella genesi, ovviamente, questo luogo che è situato in alto e a destra indica papà, e la traiettoria n.3 è una mamma che pone il proprio cucciolo dinnanzi al giudizio di papà. Ne è implicata la “V” (fig.S). Dunque, nella genesi della “V”, vi è una mamma che si veste di autorità proibendo (nel cammino “non fare questo, non fare quest’altro”), altrimenti quando tornerà a casa il “giudice papà” egli ti punirà. A titolo di esempio, si osservi in fig.S la “V” della bimba di 6 anni che fu la donna che racconta in fig.B: non posso dilungarmi, ma emerge che questa lettera ingenerava molta apprensione (ad esempio, si osservi come la traiettoria interessata è molto marcata, il che è innaturale, visto che è coinvolto un tratto ascendente). Il gesto considerato appartiene anche alla “A” (fig.T), ma se ne parlerà a seguire:

e) TRAIETTORIA ORIZZONTALE ALTO DESTRA-SINISTRA (in figura è indicata con la freccia n.3). Nella genesi, ma se ragioniamo in coerenza con la “V”, vi è un’autorità papà che rinvia il cucciolo all’autorità mamma, con frasi del tipo: quando non ci sono, obbedisci a mamma! Nel significato adulto, però, vi è questo condizionamento: dovunque sarò nel futuro, non potrò fare a meno di tornare o materialmente o idealmente nella casa di mamma, ma l’altro condizionamento, quello più importante ancora è quello che impone la “A” (vedi il prossimo paragrafo).
Portando a sintesi
La traiettoria n.3 indica che, in ogni passo del cammino, si è obbligati a dover pensare che si dovrà rendere conto, ma nel futuro: ed è proprio questo il punto che ci interessa.
Ora ragioniamo dal punto di vista di colei che racconta scrivendo un parallelogramma (si sta supponendo che per i maschi il condizionamento del quale si sta parlando sia meno intenso, ma ciò non esclude, ovviamente, che anche loro abbiano un desiderio di farsi una casa propria e un desiderio di paternità. Si sta supponendo, insomma, che, di norma, questo insieme per la donna sia un bisogno esistenziale).
Durante il suo cammino, colei che è destinata a diventare come mamma (questo destino è raccontato da tantissime lettere del corsivo, e da tutte le maiuscole delle stesse, tanto è vero che sarebbe dispendioso elencarle, ma ce lo dice anche il numero “0”), ad un certo punto della sua crescita dovrà iniziare, progressivamente, ad immaginare il distacco fisico dalla casa di mamma. Dobbiamo quindi supporre un luogo fisico sul rigo del cammino nel quale questo distacco avverrà concretamente, e tale luogo lo poniamo in C3. Di conseguenza, il rettangolo C1–C2–C3-C4 rappresenta la pianta della casa di mamma (quella interessata dal cammino con le proprie gambe), mentre la traiettoria n.3 è il momento in cui si fuoriesce dalla stessa per adempiere al proprio destino. Il tratto è diagonale in quanto si sa ciò che si è “obbligati” a fare, ma non si sa se si avrà fortuna o meno, e di conseguenza quel tratto inclinato verso destra è un riferimento ad un “fato” che ci si augura che sia benigno (si veda la discussione sul Riccio del saluto, nei post dedicati alla grafia della Cianciulli).
Per adempiere al destino di cui sopra, la candidata mamma, che ora si immagina nella traiettoria C3-C5, dovrà avere un compagno che condivida con lei lo stesso programma esistenziale. Per farlo, questo compagno deve consistere in una traiettoria speculare ed opposta a quella detta, e ciò restituisce la traiettoria C5-F (“F” sta per fine: il modello vuole che il legame moglie-marito sia indissolubile, ce lo dicono le due “m” del corsivo). Dunque, si è parlato della “A” dello stampatello (fig.T). A tale proposito si veda in fig.U la “A” della bimba di sei anni che fu la donna che racconta nella fig.B scrivendo. Ne sono coinvolte anche le lettere di fig.V.
Conclusione
Insomma, si era partiti per parlare di un parallelogramma ed invece abbiamo parlato anche di due triangoli rettangoli speculari, del rettangolo e del trapezio e per farlo abbiamo dovuto parlare di tantissime lettere e persino dei numeri. E’ la prova che ormai esiste una teoria unitaria dello scrivere, leggendo.
Il concetto che rivoluziona è la simbolizzazione, il che ha imposto lo spiegarselo. Ce lo siamo potuto spiegare con i nostri strumenti e solo con i nostri strumenti: sappiamo che siamo nel giusto, ossia che abbiamo una teoria che “funziona”, in quanto ci autorizza la conferma della lettura consapevole delle narrazioni delle lettere manoscritte.
Partendo da qui, ormai si può affermare che si è spalancato il portone di un universo del quale, sino a poco tempo fa non se ne sospettava nemmeno l’esistenza.
In ultimo una domanda: le lettere manoscritte della bambina di sei anni raccontano come potrebbe diventare da adulta, ossia raccontano il suo destino possibile (ossia il destino non è un ineluttabile)? Sì lo raccontano. Ce lo conferma cosa? Ce lo conferma la lettura del parallelogramma che ha eseguito, molti anni dopo, da adulta. Si sta parlando del parallelogramma della fig.B. Ce lo conferma l’intervista della biografia della donna interessata.
Ora che cosa si renderebbe necessario? Insegnare alla donna di ora a risarcire la bambina che fu… iniziando ad aiutarla a perdonarsi, in quanto fu vittima di una storia scritta per lei da altri, detti simbolicamente mamma e papà. Se questa bambina, per presa di coscienza della donna di ora, apprenderà a perdonarsi, scusando mamma e papà, la donna di ora avrà un destino che, per l’appunto, risarcirà e lei e la bimba che abita in lei. In altre parole: il passato si può cambiare e cambiando lui muta anche il futuro, qui detto destino.
Non è bello?
Commiato
Ringrazio coloro che hanno avuto la pazienza di leggermi. Ribadisco che questi studi sono pensati solo per i pochi che vorranno apprendere la tecnica e il metodo della teoria e dunque il come scoprire, per tutti gli altri, invece, interessano solo i racconti di genesi ed adulto della lettera. Ribadisco che sono disponibile a rispondere ad eventuali domande.
Prego di considerare che sono un pioniere, peraltro costretto ad esporsi: spero che mi si apprezzi il coraggio e il disinteresse. In altre parole, rivendico ancora il diritto all’errore e all’ignorare. Non posso garantire che questo studio non contenga errori, ma di una cosa sono sicuro: tra qualche mese mi renderò conto che è lacunoso. E’ inevitabile.
Ho voluto indicare una strada lungo un sentiero che non si finirà mai di esplorare: IL NOSTRO UNICO INSEGNANTE È LA LETTERA! Non sono la psicologia, la grafologia e nemmeno la medicina. E’ LA LETTERA CHE RACCONTA E RACCONTA CON LA NARRAZIONE DI CHI LEGGE SCRIVENDO: è lui che ci ha insegnato, a sua insaputa, a leggerla.
Le letture, poi, si potrebbero INTERPRETARE su base delle psicologie, su base della medicina e persino anche su base delle grafologie. L’INVERSO È UN ERRORE GRAVE, in quanto fa narrare alla manoscrittura costrutti psicologici, medici e grafologici. Insomma, queste discipline, quando fanno parlare la manoscrittura, in realtà raccontano se stesse.
E’ IN OGGETTO UN INVEROSIMILE: sono il primo a doverlo dire. Non mi si può credere se non sottoponendomi a prova, ma ormai sono anni (dal 2010) che “sfido”.
Tuttavia lo debbo testimoniare: nelle lettere (così come concepite dalla grafica simbolizzati) sono raccontate infiniti misteri. Sì, sono infiniti e sono misteri. E tali misteri insegnano sicuramente alla grafologia (sono un grafologo e non un grafologo qualunque) e non è da escludere che insegnino anche ad altre discipline.
Ma abbiamo capito come leggerli ed HO L’ONERE DI TRASFERIRE, perché non posso portarmi via con me il metodo per leggerli. Non so più che cosa fare per scuotere…
Un commiato speciale è nei confronti del mondo dal quale provengo: quello grafologico. Ciao collega del passato…
Ancora grazie.
*Il parallelogramma di fig.Z appartiene ad un geometra (le frecce e i numeri d’ordine sono miei), che mi ha spiegato che il modo corretto di eseguire un tale “disegno geometrico” (per noi è una lettera) consiste nel tracciare in primo luogo le due parallele superiore ed inferiore. Gli ho fatto notare che, comunque, aveva fallito in maniera “dilettantistica” nell’esecuzione del “disegno” (si veda la parte eccedente a destra) e che ciò doveva avere un senso. Così gli ho chiesto: è esagerato dire che tu o una tua persona, anche in maniera allarmata che poi si dimostrò infondata, avete temuto per la vita? Se sì, allora, è esagerato sostenere che tu ora speri tanto che qualcuno prosegua il tuo cammino, quando questo avrà termine? Le risposte sono state affermative, ma ancora una volta debbo sostenere che, allo stato, le stesse vanno valutate con prudenza.