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I modelli alfabetici


Questo post farà un breve escursus su come i modelli alfabetici o calligrafici sono stati considerati dalla grafologia nel suo sviluppo.

Questi sono alla base della Diagnostica e Grafica Simbolizzata in quanto risultato della Storia di un popolo e base di partenza per il successivo sviluppo della grafia individuale e che riporterà la storia dello scrivente.


Tempo di lettura: 5 minuti.


Cominciamo dal primo studioso della scrittura di cui abbiamo conoscenza, Prospero Aldorisio, che nel suo “Idengraphicus Nuntius” (1611) riporta un riferimento all’influenza della nazionalità nel modello calligrafico di riferimento:

“A parte il fatto che ogni razza esprime il proprio gusto per iscritto, ogni razza presenta qualcosa di specifico, in cui tutti i membri si trovano ben rappresentati”.


Allo stesso modo si esprime l’incognito autore del primo saggio interamente dedicato alla grafologia, “L’art de juger le caractère des hommes sur leur écritures” (1812):


“Tutte le nazioni si distinguono l’una dall’altra per una fisionomia che è loro peculiare.[…] Tutto porta l’impronta del carattere nazionale; questo è ciò che si nota anche nel gesto e nella scrittura. La scelta della forma delle lettere può essere frutto del caso; […] ma è sempre modificata dalle persone che la hanno adottata. È il genio di una nazione che produce questa modificazione.”

Ma proseguiamo con uno spunto da chi è considerato il fondatore della grafologia moderna, Jean-Hippolyte Michon, dove nel suo “Système de Graphologie” (1875) tratta della “De application de la graphologie aux études historiques”, in cui evidenzia che i cambiamenti dei modelli calligrafici risentono in maniera evidente dell’evolversi della mentalità e dell’indole del popolo a cui appartengono:


“… dove tutto il movimento di civiltà che ha prodotto questa grande nazione così alta nell’intelligenza, corrisponde, epoca per epoca, ai cambiamenti operati nella scrittura nazionale.”

Ma è con il suo successore, Jules Crépieux-Jamin che viene posta la centralità del modello calligrafico, da cui occorre partire per sviluppare la grafologia (“ABC de la graphologie”, 1930):


“Basando la grafologia sui dati della scrittura calligrafica [= modello], noi enunciamo
che i nostri studi procedono dalla scrittura e non dalle teorie del carattere.”

Anche Ludwig Klages insiste sullo studio della scrittura personale come differenziale rispetto al modello scolastico appreso nell’infanzia, per cui sono da valutare soprattutto le variazioni apportate dall’individuo (“Handschrift und Charakter”, 1917), ad esempio:


“Hanno significato le asole e gli archi che non sono prescritti dal modello calligrafico,
quindi solo quei tracciati personali che vanno secondo (destrorso) o contro (sinistrorso)
l’andamenlo delle lancette dell’orologio.”

Ma colui che ha esaminato a fondo l’influenza del modello calligrafico nazionale è certamente Robert Saudek, favorito in questo dal parlare diverse lingue (ceco, tedesco, olandese, francese e inglese) e dall’aver frequentato vari Paesi europei e orientali.

Valutando più di 50˙000 grafie di alunni inglesi ed esteri ha dimostrato l’influenza preponderante del modello, oltre che del Paese di origine e quello di attuale residenza. Ad esempio, in “The psichology of handwriting” (1925) si esprime così:


“In ogni grafia individuale le variazioni rispetto al modello consistono o in una esagerazione delle misure del modello o in una riduzione delle stesse.”

Ed arriviamo allo svizzero Max Pulver, che introduce il simbolo nello studio della grafia, ma non dimentica di rimarcare che:


“Lo stile dell’epoca e le abitudini grafiche nazionali, per esempio, danno in un certo modo lo sfondo in cui ambientare il carattere, lo spazio ideale dove si svolgono le estrinsecazioni individuali, la scena e le quinte per la mimica della rappresentazione grafica personale. Un’interpretazione veramente approfondita è possibile solo a
condizione di considerare questa cornice e questa prospettiva. […] Sono segni caratteristici tutte le alterazioni del modello scolastico, ossia quei cliché che in se stessi non sono individuali, perché esprimono solo il carattere generale dell’epoca attuale o di quella immediatamente precedente […] quindi anche il minimo elemento grafico è espressione parziale della natura individuale di chi scrive.”

E Girolamo Moretti? Pur essendo fortemente orientato alla ricerca idiografica del singolo, nella sua autobiografia, “Chi lo avrebbe mai pensato” (1977), si esprime in questo modo:


“Quest’ultima esperienza mi incoraggiò ad esaminare scritture vergate in ogni lingua e capii che il tipo particolare di caratteri grafici non costituisce un ostacolo per la grafologia. Attraverso la grafologia, infatti, si potrebbe benissimo studiare il carattere ed il temperamento prevalente di ciascun popolo, perché anche questo lascia le
proprie tracce nella scrittura.”


Conclusioni
In questo breve percorso abbiamo visto come il modello calligrafico proposto al futuro lettore e scrivente sia costantemente considerato la base fondamentale da cui partire per lo studio delle variazioni individuali, fatto non sempre sufficientemente messo in luce nelle scuole di Grafologia.


Inoltre tutti gli Autori rimarcano l’influenza della nazionalità nell’evoluzione dei modelli calligrafici, indicando negli stessi la presenza di caratteristiche riportabili alla Storia e allo spirito del popolo.


Ecco perché la Grafica Simbolizzata ha fatto proprio lo studio della forma delle singole lettere del modello (iconografia), anzi dei modelli, a cui associa un significato (iconologia) che ne definisce l’idea profonda dell’espressione della Nazione.

Grazie per l’attenzione.

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