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I collegamenti nello stampatello maiuscolo

Il lettore di questa pagina cerchi di capirmi. Sono un pioniere, ho scoperto tantissimo e ho scoperto di non sapere e di non capire un infinito (quanti sono che dichiarano pubblicamente di non sapere?).

Sono peraltro l’unico al mondo (ovviamente per quello che si sa) che sta studiando la lettera dello stampatello e che la sta studiando dal punto di vista della storia dello scrivente, con la storia che è intesa come la sua biografia condizionante. Sono coinvolti in primo luogo nonno e nonna, mentre nel corsivo sono coinvolti papà e mamma: se ne comprende la portata?

Ormai di quest’ultimo aspetto sono sicuro: ho decine e decine di conferme basate sulle interviste degli scriventi, che potrei documentare (ne sono autorizzato, fermo l’anonimato). 

Questi studi costituiscono una novità mondiale e sarei felice se potessi essere smentito.

Il tutto va provato, va consolidato e va notevolmente ampliato, ma già da ora è possibile supporre che non si potrà fare a meno di questi studi nella psicoterapia, nella medicina, nelle scienze criminologiche e criminalistiche, nella grafologia, nell’educazione e così via. Naturalmente, do per scontato che il lettore sappia già che ho studiato (e continuo a studiare) anche la lettera corsiva e la “lettera” del numero.

Dunque, per un verso debbo espormi per comunicare l’importanza di ciò che sta emergendo e che ho il dovere di diffondere (lo si farà nell’AIDAS-DGS), ma d’altra parte ho l’onere di invitare alla prudenza, in quanto su taluni aspetti potrei esagerare e/o potrei non aver ben compreso. 

Scrivo, dunque, perché spero di incuriosire e perché spero che nascano delle vocazioni. Mi auguro che altri vogliano seguirmi, chiedere, collaborare, e che si iscrivano infine nell’AIDAS-DGS per lavorare insieme, in una comunità di studio e di ricerca nazionale e perché no anche internazionale.

Insomma, il mio compito sarà quello di formare chi lo vorrà: tantissimi, soprattutto gli scriventi, hanno bisogno di tali studi. Mi auguro che alcuni riescano a superarmi e che riescano a scoprire cose che ora non ho capito (già sta succedendo, su taluni aspetti amici e collaboratori hanno compreso cose che non avevo immaginato), ma naturalmente sto parlando di una comunità nella quale il sapere deve essere condiviso. Insomma, insegnerò il metodo (la grafica simbolizzata) per capire e per scoprire.

Dunque, l’asta della “I” è il papà autorità e “fondamenta”, la “A” è la casa del cucciolo, la “P” è nonno, la “B” è nonna, la “R” è la propria cameretta, mentre la “D” è la coesione tra la famiglia di papà e mamma e la famiglia di nonno, ossia la “D” è lo scudo costituito dal proprio casato, dalle proprie origini e così via (ometto le altre lettere): sembra poco? 

Premetto che si sta parlando della simbolizzazione: come un cucciolo percepisce e si autorappresenta nella lettera. Un concetto, anche questo, rivoluzionario e non lo si può smentire. 

Come lo si sta dimostrando?

Ci vogliono una teoria ed un metodo: chi scopre è la prima, il secondo è lo strumento attuativo e se lo si vuole è anche il ricercatore.  

La teoria si fonda sullo studio della lettera del modello. Questo studio formula delle ipotesi ed incarica il metodo di sottoporle a verifica. 

Se si vuole verificare se la “A” dello stampatello maiuscolo sia effettivamente la casa, non resta altro da fare che indagare le lettere manoscritte, per bocca dello scrivente e della sua biografia. Mi spiego con esempi:

I costitutivi della A

1) Nella “A” del modello, la teoria ha “assegnato” un’iconografia ed un nome ad ogni costitutivo della lettera (sono tre, vedi i colori) e a ciascun costitutivo ha attribuito una figura importante per il cucciolo e ad ogni figura (nella “A” sono coinvolti mamma e papà) ha assegnato una funzione. Il tutto restituisce il racconto simbolico della lettera del modello (la casa sicura e protettiva del cucciolo, semplificando);

2) Il metodo a questo punto si incarica di studiare la lettera manoscritta sulla base dei principi teorici di cui sopra ed effettua una previsione, ossia deduce il racconto simbolizzato dallo scrivente.

Ciò che conferma o meno è l’intervista dello scrivente, ed ovviamente si è sicuri quando si hanno moltissimi riscontri, oppure si è ragionevolmente sicuri quando la previsione si riferisce a racconti apparentemente improbabili, se tale racconto conferma tutto quello che in precedenza si sapeva.

Ad esempio (non pubblico le figure interessate: la pagina è pubblica e ho l’onere del segreto):

a) In una figura la “B” sembra una “D”, molto stentata, la domanda è stata: è esagerato dire che non hai conosciuto nonno e nonna (tutti i nonni e tutte le nonne)? La risposta è stata affermativa. 

b) Rispetto ad una “A” , la domanda è stata: è esagerato dire che hai temuto la tua casa e che avevi bisogno di fuggire dalla stessa? Le risposte sono state affermative;

c) Rispetto ad alcune “A” e ad alcune ”D”: è esagerato sostenere che nonna era molto più importante di nonno, in quanto era autoritaria? E’ esagerato sostenere che tu la temessi e che se potevi fuggivi da lei? Le risposte sono state affermative;

d) Ecc.. ecc..

Qual è la distanza tra le lettere più appropriata nello stampatello? Con domande di questo tipo si entra in un campo in cui la grafica simbolizzata e la grafologia potrebbero trovare l’interdisciplinarietà (sarebbe da augurarsi che la grafologia se ne convincesse, ma sono anche un grafologo e dunque posso fare da solo). 

Di una cosa sono sicuro: i criteri utilizzati in grafologia per calcolare la distanza tra le lettere (il Largo tra lettere) non sono applicabili nello stampatello.

Ad esempio, tutte le distanze tra lettere della Fig.1 sono eccessive ed indicano sensazione di isolamento (che si viveva da cuccioli) e, di conseguenza, indicano anche la sensazione dell’essere indifesi nella dimensione pubblica. Questa persona, ad esempio, con altissima probabilità parlava pochissimo (corrisponde) e ciò è un’osservazione grafologica, non è più solo grafica simbolizzata.  

Ma allora una scrittura in stampatello eccessivamente collegata che cosa racconta? 

Cosa racconta un collegamento tra le lettere nello stampatello? E’ un bisogno di trovare un rifugio, un sostegno, insomma è un moto di fuga (dalla provocazione-stimolo della lettera precedente) autoprotettivo. Già! Non è un fatto positivo, come erroneamente abbiamo sempre ritenuto.

Per “provarlo” (ragionevolmente, è ovvio che si necessita di altre conferme) avevo bisogno di una scrittura eccessivamente collegata e di porre la seguente domanda (pubblico con l’autorizzazione della persona interessata. Da segnalare che tutto è avvenuto questa mattina, mentre stavo scrivendo questo post): 

“è esagerato dire che non sapevi dove nasconderti quando eri bimba? (fig.3).

La risposta è stata (fig.4):  

“Sì, certo, anche adesso quando sto male mi raggomitolo e mi metto in un posto piccolo…”.

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Grazie.


(Di Guido Angeloni, autore della Grafica simbolizzata)

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