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Corso breve di lettura. Parte II

Introduzione al metodo… Che cosa racconta la “I” di fig.4? Le quattro “i” sono state scritte dalla stessa persona?

Segue da https://www.aidas-dgs.it/corso-breve-di-lettura-i-post/

LA LETTERA “i” CORSIVA MAIUSCOLA DELLA FIG.4 È STATA SCRITTA DALLA STESSA PERSONA CHE HA VERGATO LE FIGG. 1, 2 E 3?
Colui che non è un perito grafico, anche se specializzato in grafologia, non saprebbe rispondere. Il perito grafico, se grafologo (esiste in perizia anche un metodo non grafologico, detto grafonomico), non avrebbe dubbi (suppongo): sono state vergate dalla stessa persona, in quanto un imitatore non avrebbe saputo riprodurre quel riccio microscopico evidenziato dalla freccia nelle figg.1, 2 e 4 (si reputa, infatti, che sfugga all’osservazione dell’imitatore). Già, ma chi ha dimostrato che sarebbe impossibile? Lo abbiamo supposto, ma i “Diari di Mussolini” ci hanno dimostrato che è possibile imitare anche i gesti microscopici.

I due metodi detti (il grafologico e il grafonomico) insegnano che ciò che decide è la velocità esecutiva. Cosicché, suppongo ancora, colui che, all’opposto volesse sostenere che la fig.4 è un’imitazione delle autografe delle figg.1, 2 e 3, potrebbe sostenere: la fig.4 è un’imitazione pedissequa, in quanto è stata scritta lentamente.

Già, ma ci dovremmo fidare del suo occhio, in quanto non saprebbe rispondere a questa domanda (in maniera convincente): come fai a sostenere che è lenta, visto che quando fu scritta tu non c’eri? Dimostracelo.

PERCHÉ AD OGGI (DI NORMA) È IMPOSSIBILE DIMOSTRARE SE UNA CONFORMAZIONE GRAFICA FU VERGATA VELOCEMENTE O LENTAMENTE? E’ POSSIBILE, INVECE, ELABORARE UN METODO OBIETTIVO PER LA STIMA DELLA VELOCITÀ ESECUTIVA?

Non è possibile per il semplice motivo che l’oggetto che si osserva non si muove (e nemmeno preme, se si volesse operare un riferimento all’altro caposaldo della perizia, costituito dalla pressione), in quanto giace.

Eppure un modo ci sarebbe (ne ho parlato in altri post, ma il tema lo riprenderò), solo che non ci abbiamo mai pensato e tale modo è basato sulla lettura. Ma andiamo con ordine.

Anticipo, però, che se ponessimo al centro della perizia sia la pressione sia il movimento, allora nelle condizioni date non sarebbe possibile esprimersi con sicurezza circa la possibile autografia della fig.4. Infatti, le figg.1, 2 e 3 sono disponibili in scannerizzazioni di scarsa qualità, mentre per i nostri scopi avremmo bisogno di macrofotografie del tipo di fig.4.

Comunque, le quattro figure sono state scritte dalla stessa persona: lo so, perché me lo ha rivelato la persona interessata.

Le domande che interessano alla grafica simbolizzata

L’interesse per la perizia è un minore (ma ovviamente l’interesse c’è), alla grafica simbolizzata interessano i seguenti interrogativi, la persona che ha vergato la scritta “Il” di fig.4:

1) Quale storia ci sta raccontando? Qui si sa rispondere. Ci racconta che quando era bimba temeva le punizioni di mamma e temeva anche che papà potesse abbandonarla. Ci sta raccontando pure che qualcuno (un nonnino?) quando era bimba “salì lassù”. Naturalmente, gli antichi condizionamenti oggi le dettano in parte la condotta, ma soprassiedo;

2) E’ un uomo o una donna? Non si sa rispondere ed abbiamo il dovere di supporre che un giorno sarà possibile rispondere;

3) Ha meno di 20 anni? Ha più di cinquanta anni? Non si sa rispondere ed abbiamo il dovere di supporre che un giorno sarà possibile rispondere;

4) E’ in buona o non é in buona salute? Non si sa rispondere ed abbiamo il dovere di supporre che un giorno sarà possibile rispondere.

ED ALLORA PERCHÉ ALLA GRAFICA SIMBOLIZZATA INTERESSA APPROFONDIRE IL TEMA DELLA PERIZIA GRAFICA?
Perché gli studi della grafica simbolizzata hanno imposto questa conclusione, apparentemente paradossale: è possibile imitare tutto tranne la forma. Il paradosso consiste nel fatto che tutti noi, me compreso, che operiamo nel campo della perizia, in ogni parte del mondo, abbiamo sempre sostenuto esattamente l’opposto, precisamente questo: è possibile imitare solo la forma.

Per l’appunto, la risposta agli interrogativi nn.3 e 4 precedenti, dovrebbe essere nella forma e per forma intendiamo le caratteristiche qualitative del tratto (tali concetti sono noti al lettore abituale, ma poi preciso meglio).

Ad esempio, si prova che nella discesa della fig.4 (osserva anche la fig.7) c’è una caduta della pressione (qui intesa nel modo obiettivo che si vuole) ed attualmente mi sto chiedendo se a tale caduta possa associarsi un indice di interesse sanitario (chi volesse sapere in quale punto si verifichi questa la caduta della pressione e il modo in cui la si dimostra può chiedermi su chat privata).

La differenza tra geometria e forma


Nel post precedente, quando si è parlato della “a” del modello, si è descritta la geometria di questa lettera. In altre parole, la lettera del modello è una geometria e tale geometria si basa su due costitutivi universali:
1) Il perimetro, che è costituito da tutto ciò che appartiene al “nero” (ossia la traccia grafica);

2) Il bianco (ossia l’assenza della geometria) che circonda il perimetro e che ingloba lo stesso (ad esempio, il bianco tra le righe, dei margini, tra una lettera ed un’altra, tra una parola e l’altra, ecc..).

La regola è questa: senza la geometria non esiste la scrittura. Dunque, l’oggetto della grafica simbolizzata è la geometria, mentre la forma è una differenziale.

La forma, infatti, è la geometria più le caratteristiche qualitative del tratto. La grafica simbolizzata distingue tra il tratto e il perimetro, nel senso che il primo esprime le caratteristiche qualitative del secondo.

Per meglio spiegarsi, se volessimo supporre che la discesa della fig.4 fu vergata lentamente, allora nel perimetro della discesa ci deve essere l’indice sicuro che ci restituisce la detta lentezza. Tale indice allora va considerato come una caratteristica qualitativa del perimetro, ossia appartiene al tratto, ovvero alla forma. E tale indice c’è: ma lo illustrerò nel prossimo post.

L’iconografia e l’iconologia

L’oggetto dell’osservazione è un’immagine ed un’immagine è una iconografia. Dunque, l’iconografia interessa sia la geometria sia il tratto (ovvero la forma). Ogni iconografia ha un nome e più costitutivi ed anche tali costitutivi hanno un nome. Di conseguenza, anche il tratto ha costitutivi e, a partire dal post che seguirà, si apprenderà a conoscerli, ed anche questi costituitivi, conseguentemente, hanno un nome.
Dunque, tutto ha un nome (anche se i nomi del tratto debbono essere codificati, ma lo si farà al più presto, mentre quelli della geometria ormai sono noti e sono stati resi pubblici) e di conseguenza tutto può essere letto (vedi il post precedente). Ecco per l’appunto la banalità del metodo che ho ideato: si basa sulla lettura e tutti possono apprendere a leggere.
Le relazioni, invece, che si strutturano tra i vari costitutivi secondo la grafica simbolizzata restituiscono l’iconologia (cfr. il prossimo paragrafo).

Un primo esempio (lettura iconografica e iconologica)

Per questo esempio, per semplificare, non prenderemo in considerazione l’iconografia del tratto. Sulla base del post precedente, ormai il lettore sa che nella lettera è un cucciolo che racconta (per la ripetizione a parti invertite, lo scrivente si racconta nel perimetro ed anche in questo caso si consulti il post precedente). Anticipo che nella maiuscola della “i” corsiva, nella genesi remota (l’epoca in cui colui che legge scrivendola subì il condizionamento) ovunque è mamma che agisce (sul e per il cucciolo, il quale, invece, si avvertì inglobato nel plateau e nel convolvolo basale – vedi le due ellissi blu, di fig.8).
Prendiamo in considerazione il costitutivo che in fig.4 ho evidenziato con l’ellisse verde.

a) In primo luogo, dobbiamo dare un nome a ciò che è l’oggetto dell’osservazione, così operando lo strumento concreto dell’osservazione diviene la lettura (cfr. post precedente);

b) Il nome del costitutivo è “convolvolo di uscita” (cfr.e) in fig.6;

c) Ci si deve chiedere se tale convolvolo sia conforme o meno al modello;

d) Ci si risponde che non lo è, in quanto è esageratamente vistoso;

e) Il passaggio successivo consiste nel chiedersi: che “vantaggio” ne ha ottenuto colui che leggendo lo ha scritto (non eseguito, in quanto colui che legge, scrive)?

f) Dobbiamo meglio definire ciò che stiamo leggendo. La lunghezza della discesa manoscritta è indebita, ossia, rispetto al modello, è eccessiva (osserva lo scalino a salire evidenziato dalle spezzate rosse);

g) Allora perché a destra del convolvolo esiste una deviazione eccessiva della traiettoria (è angolosa, infatti, osserva la freccia di fig.10)?

h) Perché altrimenti la discesa sarebbe stata ancor più lunga. Insomma, colui che leggeva scrivendo si è “reso conto” che si stava troppo allontanando e dalla sinistra e dal rigo del suolo;

i) Dunque, in cosa consiste il tutto? Consiste in un differimento (ecco un altro nome, appartenente alla diagnostica, invece), in un bisogno di ritardare il più possibile la discesa, e, nella deviazione detta, il dover ammettere che è impossibile non discendere;

j) Perché, allora si teme la discesa? Perché in genere, mamma sculaccia sul rigo del suolo: questa potrebbe essere una risposta.

Di cosa si è parlato?

Si è parlato del metodo della grafica simbolizzata, tuttavia prima di procedere faccio notare questo concetto: nella grafica simbolizzata, il metodo è l’applicativo della stessa. Si potrebbe dimostrare, che la perizia su base grafologica non è un applicativo della grafologia. Inoltre, si potrebbe dimostrare che tutti gli altri metodi della perizia grafica non hanno una disciplina di riferimento, in quanto non studiano la scrittura.

Le procedure fondamentali del metodo sono:
a) L’osservazione oggettiva (dell’oggetto). Si chiede: che cosa si osserva? Questa parte del metodo corrisponde a dare un nome all’iconografia, ossia al leggere la stessa;

b) Il ragionamento oggettivo (il ragionare sull’oggetto). Si pone le seguenti domande: 1) Come avrebbe dovuto essere ciò che si osserva? Questa domanda appartiene alla iconologia.

Si proseguirà nel prossimo post. Intanto, vi sarei grato se mi rispondeste a questa domanda:

D’accordo si tratta di un nuovo, che sconcerta e che spiazza sia il grafologo sia il perito grafico, ma una volta spiegato, il procedimento risulta difficile? Vi convince o meno?
Ve ne sarei grato…


Grazie.


Di Guido Angeloni, autore della grafica simbolizzata (©), socio fondatore e direttore scientifico* dell’AIDAS-DGS (presidente A. Vigliotti, medico, psicoterapeuta, grafologo)
*(Per la parte attinente alla grafica simbolizzata).

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