Archivi Naldini del Riccio e Alemanni (Firenze)
Storia archivistica: L’archivio dei Naldini si formò nelle stanze del fondaco del palazzo fiorentino di famiglia situato in via dei Servi, in angolo con piazza Duomo. Qui, i Naldini ebbero sede a partire dal 1527, a seguito dell’acquisto delle case dei Tedaldi da parte di Domenico di Giovanni Naldini. Parte degli archivi familiari dei Nerli e dei Marzimedici confluirono nel corso del XVIII secolo in quello dei Naldini. Tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900, l’intero archivio confluì, insieme a quelli Del Riccio e Alamanni, nel ramo cadetto della famiglia Niccolini.
Nel 1737, l’archivio Naldini era stato riordinato dall’antiquario fiorentino Giovan Battista Dei, ai fini delle ricerche genealogiche sulla famiglia. Dei aveva anche prodotto un inventario dei documenti. Nel 1858, Angelo Morelli fu incaricato di intervenire su tutti i fondi e produsse a sua volta un inventario in due tomi. Nell’introduzione, Morelli rese conto della situazione di disordine in cui i documenti si trovavano prima del suo lavoro, descrivendoli come un ammasso di carte, di cui molte erano state da lui “lacerate” affinché non fossero in un secondo tempo nuovamente confuse con le altre. Tutti i documenti eliminati e quelli che secondo l’archivista avrebbero potuto esserlo senza danni, furono da lui elencati in un’apposita sezione delle filze “da spurgo”. Nell’inventario, Morelli descrisse in primo luogo i fondi aggregati Nerli e Marzimedici, poi passò ai documenti Naldini nei quali collocò le serie già organizzate dal suo predecessore, Giovan Battista Dei, ovvero quelle degli “Atti patrimoniali” e dei “Processi”, aggregandovi poi le nuove serie di “Documenti”, di “Lettere” e altre da lui stesso organizzate, e, solo alla fine, i registri delle società mercantili e di interesse patrimoniale.
L’Archivio Naldini Del Riccio custodisce documenti provenienti dalle famiglie Nerli, Marzi Medici, Naldini ed è suddiviso nelle tre sezioni corrispondenti alle famiglie (1380 – 1861)
Riporto una lettera di Maria del Riccio (21 ottobre 1568) scritta e inviata allo zio Guglielmo. La ragazza ha tra i 10 e gli 11 anni. Possiamo notare una scrittura, chiara, ordinata, accurata, elegante, robusta, marcata espressione dell’animo nobile di questa adolescente, con chiarezza di idee e molto decisa e volitiva per la sua età, che si scusa con lo zio della sua scrittura perché essendo una fanciulla non ha pratica e quindi non sa scrivere ancora bene.
Maria del Riccio (autrice della lettera) non era destinata al convento, ma nel convento di Annalena si trova quando, giovinetta, scrive allo zio Guglielmo. La lettera arriva a destinazione nel giro di due giorni, ma non sappiamo se lo zio abbia risposto o meno alla nipotee, soprattutto, se le abbia comprato un nuovo cappotto rosso per l’inverno oppure se abbia deciso di racconciare quello di bambina, la vecchia gamurra “corta, stretta et misera per tutti ‘e versi”.
Maria ha poco più di 10 anni ed è rimasta orfana del padre Leonardo da piccola. Gli zii e la nonna si erano presi cura di lei e, dopo averla promessa in sposa a un facoltoso ma violento mercante fiorentino, l’avevano posta in convento, in “riserva”, cioè in attesa delle nozze. Qui la ragazzina aveva imparato a leggere e a scrivere. La sua scrittura ordinata, il tono gentile ma determinato, ne mettono in luce il carattere forte e la viva intelligenza, doti che le serviranno per affrontare le dure prove che la vita le metterà di fronte. (Fonte: SDSI Toscana 9 ottobre 2021)
Note: Gamurra: (o gammurra; anche camurra, camòrra o camòra) s. f. [etimo incerto]. – Antica veste da donna (detta anche, nell’Italia settentr., zippa o zimarra), che nel medioevo era per lo più ampia e lunga, aperta davanti sopra la tunica o il vestito, foderata di pelliccia o d’altra stoffa, con o senza maniche. (fonte: Vocabolario Treccani).


La bambina scrive con un margine sinistro molto ampio, mentre il destro si avvicina alla regolarità. Siamo nel 1568 e c’erano regole calligrafiche da rispettare nell’insegnamento della calligrafia del tempo, tuttavia la marginatura è evidente perché perché man mano che Maria del Riccio il margine sinistro aumenta ancora di più.
Il rigo rappresenta la strada del cammino e simbolicamnte il “Tao” e inserito nel tempo ma lo supera perché è solo un frammento dell’eterno, Tuttavia riprendendo Lao Tzu possiamo dire che “il Tao di cui si può parlare non è l’eterno tao”. E’ un capitolo da approfondire e lo farò in un prossimo futuro.
In effetti ogni introduzione sul reale rimane come una specie di mappa ma la mappa non è il territorio. Il territorio va al di là…Bisogna accettare la relatività del conoscere. In questo contesto in cui il rigo determina l’occupazione dello spazio si inserisce il margine come spazio vitale da occupare. Lo spazio rappresenta l’ambiente in cui opera l’individuo in rapporto al tempo psicologico e generazionale ma anche al tempo esperenziale. del qui ed ora. Nel dualismo esistenziale in cui la maggioranza delle persone vive ed è immerso, il margine può segnare la serenità con cui l’ IO si rapporta con l’altro, l’interazione reciproca tra il passato e il futuro, il rapporto tra genitori e figlii a livello educativo e di imprinting. Un margine eccessivo ci mette al confronto con il nostro io, con i nostri limiti, in tutta il quadro della nostra personalità (mente, corpo e anima). Se siamo vissuti nell’ansia del giudizio altrui o nell’angoscia di dare il meglio di noi può scattare un conflitto, una ferita, una trauma che può manifestarsi come complesso di inferiorità; oppure come contrasto ambientale perché l’altro ( il genitore, l’idea, il dovere sociale, la culturadel territorio, il precetto religioso ecc. ecc.), è sentito come oppressivocon cui bisogna fare buon viso a cattivo gioco per un adattamento biologico, diversamente la strada sarà verso un crollo depressogeno o di instabilità emotiva e relazionale.. A sinistra c’è il passato, c’è il gioco generazionale, c’è il parentado, c’è la storia esistenziale dei primi anni di vita, c’è anche l’inizio del rigo e quindi della nostra azione direzionale, del primo passo della nostra esistenza. c’è il condizonamento subito da superiori, maestri, norme e leggi sociali: Se il margine è eccessivo l’influsso di qualcuna di queste relazioni diventa patologica.